Ocse: i dazi di Trump frenano la crescita mondiale e riaccendono l’inflazione Usa. Italia: Pil 2025 allo 0,7%
Tagliate le stime sul Pil mondiale, che nel 2025 aumenterà del 3,1%, lo 0,2% in meno rispetto a quanto indicato a dicembre. Nel 2026 si fermerà al 3%, lo 0,3% in meno. Quasi tutti i Paesi frenano. Risalgono, invece, le stime sull’inflazione americana, vista al 2,8% nel 2025, lo 0,7% in più
I punti chiave
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La guerra commerciale diDonald Trump rischia di frenare la crescita mondiale e di riaccendere l’inflazione Usa. Nelle sue previsioni, l’Ocse taglia le stime sul Pil mondiale, che nel 2025 aumenterà del 3,1%, lo 0,2% in meno rispetto a quanto indicato a dicembre. Nel 2026, si fermerà al 3%, lo 0,3% in meno (la crescita era stata del 3,2% nel 2024). Quasi tutti i Paesi esaminati frenano, rispetto alle previsioni di pochi mesi fa, quando il presidente statunitense non si era ancora insediato alla Casa Bianca. Risalgono, invece, le stime sull’inflazione americana, vista al 2,8% nel 2025, lo 0,7% in più.
La frenata globale
Il report dell’Ocse prende in considerazione i dazi e le misure ritorsive del 25% tra Stati Uniti da un lato e Canada e Messico dall’altro, che dovrebbero entrare in vigore da aprile. Vengono considerati anche i dazi del 20% contro la Cina e quelli al 25% imposti dalla Casa Bianca su tutto l’import di acciaio e alluminio. Non vengono ancora prese in esame le tariffe contro l’Unione Europea.
Insieme all’aumentata incertezza geopolitica, l’effetto è comunque un freno sulla crescita, che per gli Usa si traduce in un aumento del Pil del 2,2% nel 2025, contro il 2,4% stimato a dicembre. Nel 2026, la crescita si fermerebbe all’1,6% (lo 0,5% in meno). Nel 2024, la crescita era stata del 2,8%. Con una economia che rallenta, l’inflazione complessiva rimarrebbe sopra il target Fed e quella core risalirebbe addirittura verso il 3% quest’anno.
L’effetto sulla crescita sarebbe più forte per Canada e Messico, che sono economie più dipendenti dal commercio. La crescita in Canada dovrebbe rallentare allo 0,7% nel 2025 e nel 2026, con stime tagliate dell’1,3% per ciascun anno.
Per il Messico, si prevede una recessione, con Pil in calo dell’1,3% nel 2025 e stime tagliate del 2,5%. Nel 2026, si avrebbe ancora una contrazione dello 0,6%, il 2,2% in meno rispetto alle previsioni di dicembre.
L’Europa e la Cina
La crescita del Pil nell’area dell’euro dovrebbe essere pari all’1% nel 2025 e all’1,2% nel 2026, in ribasso dello 0,3% in entrambi gli anni rispetto alle stime di dicembre. L’inflazione è vista tornare al 2% nel 2026.
Per l’Italia, la crescita del Pil si fermerebbe allo 0,7% quest’anno (-0,2%) e resterebbe sotto l’1% anche il prossimo (allo 0,9%, con un taglio delle previsioni dello 0,3%). La Germania registrerebbe una crescita dello 0,4% nel 2025 e dell’1,1% nel 2026.
L’Ocse conferma invece le stime di crescita della Cina, al 4,8% quest’anno e al 4,4% nel 2026.
Effetto dazi
L’Organizzazione con sede a Parigi spiega che se i dazi saranno confermati «saranno un ostacolo per l’attività economica globale» e faranno salire «il prezzo dei prodotti finali importati per i consumatori» e di quelli intermedi per le imprese.
«Un aumento più ampio delle barriere commerciali colpirebbe la crescita in tutto il mondo e aumenterebbe l’inflazione», sottolinea l’Ocse. E «un’inflazione più elevata del previsto determinerebbe una politica monetaria più restrittiva».
In caso di maggiori dazi del 10% su tutte le importazioni Usa, con corrispondenti misure di ritorsione, il Pil mondiale potrebbe diminuire dello 0,3% entro il terzo anno, rispetto allo scenario di base, e l’inflazione globale potrebbe aumentare di 0,4 punti percentuali all’anno, in media nei primi tre anni.
Gli Stati Uniti sarebbero colpiti in modo significativo in questo scenario, con Pil in calo dello 0,7% entro il terzo anno dallo shock (rispetto allo scenario di base) e l’inflazione in aumento di una media di 0,7 punti percentuali all’anno.
Per le famiglie Usa, il reddito disponibile registrerebbe un calo di oltre 1.600 dollari in termini reali. Ne risentirebbero anche gli investimenti del settore privato, con una flessione che può arrivare fino al 2% negli Usa e allo 0,6% nell’Eurozona.
I tassi di interesse dovrebbero essere aumentati di circa un punto percentuale rispetto allo scenario di base nei primi tre anni, mentre il tasso di cambio effettivo degli Stati Uniti dovrebbe aumentare dell’1,7%.